Dal governo continuano ad arrivare annunci carichi di demagogia e nei fatti si compie macelleria sociale:
Data di pubblicazione: 13/06/2015 10:00QUALSIASI COSA FACCIA IL GOVERNO E IL MINISTRO POLETTI E’ CONTRO I LAVORATORI E A FAVORE DELLE IMPRESE
Sia sugli aspetti legati agli ammortizzatori sociali che rispetto alle nuove tipologie contrattuali e, soprattutto, sul demansionamento, resta un’impostazione che sposta l’equilibrio sempre più a favore delle imprese e contro i lavoratori. In sostanza, si ritiene che la crescita economica e occupazionale passi, in gran parte, dall’unilaterale decisione dell’impresa e non dal confronto con le parti sociali.
In questo quadro va letto il decreto di riordino della cassa integrazione che, pur con l’apprezzabile estensione (ancora parziale) alle piccole imprese indebolisce il sistema di tutele del lavoratore.
Si riduce, infatti, la durata massima della cig e si cancella la cassa straordinaria per cessazione. Ciò si aggiunge a due aspetti che sono già “realtà”: la fine della Cassa e della mobilità in deroga nel 2016 (peraltro già fortemente ridimensionata!) e la fine dell’indennità di mobilità dal Primo gennaio 2017. In particolare quest’ultima prestazione comporterà un’ulteriore riduzione dei costi aziendali (0,30%) che si aggiungeranno agli “sconti” che il Governo prevede con la riduzione delle aliquote sulla Cig (circa 0,20%) per un totale di oltre 800 milioni di euro.
Risultato: meno prestazioni sociali, nonostante l’aumento della durata della naspi (per alcuni lavoratori).
Pur apprezzando in parte l’intervento per risolvere la questione Naspi ai lavoratori stagionali del turismo, che sana parzialmente e temporaneamente (vale solo per il 2015) un’ingiustizia e un errore che il Governo aveva fatto con il precedente decreto Naspi di Febbraio, non si capisce perché escludere da questo “rimedio” altre decine di migliaia di lavoratori stagionali che operano in altri settori: oltre 300.000 lavoratori stagionali, dal 2016, avranno meno tutele di prima della riforma Renzi.
Sul decreto “Tipologie contrattuali” l’impostazione di spostare il baricentro decisionale verso l’impresa non cambia: la flessibilità in entrata (oltre quella in uscita) diventa sempre più svincolata e deregolamentata. Nonostante le roboanti affermazioni sul superamento della precarietà, in sostanza ci troviamo con un contratto a termine sempre più facile e senza condizionamento (motivazione) - stessa cosa per la somministrazione – e con un’evidente incentivazione al ricorso dei voucher. Grande demagogia e risalto mediatico per i contratti a tutele crescenti, dfondati non su una vera crescita, ma semplicemente sul fatto che sono al momento più vantaggiosi economicamente.
In particolare colpisce come, nei fatti, le ”collaborazioni” non vengano immediatamente eliminate non solo per eventuali accordi sindacali, ma per la sostanziale riduzione dei “paletti” che definiscono la genuinità della stessa collaborazione. Sarà sempre più complicato dimostrare, da parte del lavoratore, la non genuinità della collaborazione stessa. La stessa sanatoria/stabilizzazione per le collaborazioni e per le partite Iva sarà, inevitabilmente, condizionata, in positivo, dalla certezza del permanere dei forti incentivi (DECONTRIBUZIONE). Ci si attendeva anche per quest’anno un decreto sulla detassazione dei premi di risultato al 10%. Scomparso e con esso le incentivazioni alla contrattazione decentrata finalizzata ad incrementare a produttività. Sarebbe questa la tanto decantata politica industriale del governo?
Gravissimo, invece, aver introdotto la legalizzazione del demansionamento, poiché non si limita l’eventuale utilizzo di questa possibilità laddove ci siano accordi per riorganizzare la forza lavoro nell’impresa (con le garanzie previste dal codice civile) ma si consentirà, tramite accordi individuali, un demansionamento con effetti sulla categoria, l’inquadramento e la retribuzione.Di fatto si autorizzano le imprese a utilizzare qualsiasi pretesto per ridurre i salari alle persone.
Sulle politiche attive la montagna ha partorito un topolino: l’origine di questo sta nell’idea di costruire un nuovo (e necessario) sistema di incontro domanda e offerta senza alcun investimento per recuperare il gap con altri paesi (rispetto al PIL spendiamo per la voce politiche attive del lavoro il 10 % della Germania). La mancata definizione dei ruoli che dovranno svolgere le Regioni e la nuova Agenzia Nazionale rischia di non dare certezze dal punto di vista normativo, finanziario e strumentale mettendo addirittura a rischio gli stipendi degli operatori dei Servizi per l’impiego. Ci auguriamo che questa macelleria sociale termini al più presto, anche se attendiamo con ansia e preoccupazione l’intervento sul salario minimo che, collocato al di sotto dei minimi contrattuali, rischia di vanificare l’intero sistema di contrattazione nazionale. Le agitazioni contro il Job act continueranno.
Luigi Tollari
Segretario Generale CST UIL MODENA E REGGIO EMILIA